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Sunday, May 1, 2011

Corti, cortigiani, schiavisti e schiavi

Divertente l'aforisma di Wilde che dice che i banchieri a cena parlano di arte e gli artisti di soldi. Vorrei fare un post politico, polemico, quasi programmatico, in questo primo Maggio un po' snaturato.

L'arte nella società di oggi non ha una natura rituale, né produce utilità. L'espressione di sé è fine a se stessa e ha successo solo quando riesce ad arredare le molte stanze di poche corti, dove oziosi signori e compiacenti cortigiani gozzovigliano inebriati, oppure quando riescono a entrare in qualche esibizione, importante, mondiale, curata per non turbare troppo le coscienze e compiacere qualche altra, momentanea, categoria.

I nuovi schiavi si compiacciono dei loro acquisti, i nuovi schiavisti li convincono che così sono liberi. I signori guadagnano in possedimenti che non sono territoriali ma di coscienze, di consenso, di impunità, di reverenza, di potere. Gli schiavisti non sono i padroni, sono i creativi, quelli che sfruttano le tecniche dell'arte per stupire e convincere. Non più fruste ma trenta secondi di fantasia di qualcun altro. Gli schiavisti, come sempre, sono schiavi anche loro, solo con delle colpe in più.

Il sistema regge perché i signori ci hanno convinto che esistono delle scatole in cui possiamo categorizzare ogni cosa. L'arte è in una scatola di plastica colorata, il lavoro in una di metallo, il divertimento in una di gomma, la felicità in una di vetro e la libertà in una di carta. La vita, ci dicono, non è una, è fatta di fasi e di momenti, ognuna col suo equipaggiamento da acquistare in un megastore appropriatamente istituito.

Tempo è che si torni a far vibrare le coscienze, a svegliarle, per accelerare il momento in cui tutto si sommuoverà e cadranno teste e si alzeranno bandiere, in attesa che poi altri signori, altri cortigiani, altri schiavi, popolino il mondo. Ma per un piccolo lasso essere davvero umanità.

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