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Monday, March 11, 2013

Diffidare dell'estetica

(There might be some extra commas to make google translate do a better job. Hopefully the post can then be understood also in English)

Di nuovo questa stupida evoluzione. Vediamo dei colori sgargianti, delle luci sfavillanti, e subito siamo irrorati da melanotropina. Non è poi tanto il problema chimico in sè, è che poi quando l'effetto sparisce, non le vediamo nemmeno più quelle luci e colori. Facciamo l'esempio della tecnologia. Compriamo l'ultimo strepitoso tablet, con la grafica più fluida e spettacolare finora raggiunta, e dopo una settimana lo usiamo solo per leggere email e postare minchiate su facebook. Lo diamo per scontato. Giochiamo con i videogiochi più avanzati e dopo pochi giorni non ci accorgiamo più degli effetti fino a pochi mesi fa impensabili.

Ma allora cosa resta? Vorrà mica dire che tutto è effimero?

L'ipotesi che mi pare migliore, è che se ci limitiamo al primo livello di esperienza sensoriale, allora la risposta è sì, tutto è effimero, nulla resiste, e il bisogno di stimoli alimenta il desiderio. Ma se passiamo a un livello superiore allora non è così. Comprai un quadro anni fa, di un artista di San Antonio, TX. Mostra due ballerini di flamenco, lui in grigio, lei in blu, il tutto su una spirale che si espande dal centro. Comprai quel quadro perché, mentre lo sfondo e i corpi stessi dei ballerini sono costituiti da una sola linea, il vestito della ballerina è più articolato, e da quel vestito, scaturito dal movimento, un piccolo vortice si stacca e intacca l'uniformità dello sfondo. Quel dettaglio, in basso, leggermente a destra, che passa quasi sempre inosservato a chi guarda l'immagine, è il motivo per cui ancora oggi sono soddisfatto del mio acquisto. Quel dettaglio, per me, è un simbolo, e come tale ha e avrà significato fino a lo riconosco come tale, quando indi ben oltre la bellezza.

Tutto questo è quasi sicuramente ovvio a chi legge qui. Ma c'è un fatto preoccupante. L'economia dei beni di consumo si basa esclusivamente sul primo livello di esperienza sensoriale, e sul fatto che una grossa fetta della popolazione non va molto al di là di questo. Non sto facendo un discorso elitario. Io stesso, più o meno volontariamente a seconda dei casi, compro cose sottomettendomi passivamente ai miei ormoni. Vorrei solo far notare che siamo succubi dei nostri istinti molto più di quanto di solito vogliamo ammettere, ma che, qualche volta, possiamo davvero essere umani in modo più nobile, possiamo essere istanze della consapevolezza di essere qualcosa di più, come fa la ballerina nel mio quadro che, ballando, perturba l'indifferenza del mondo.

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