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Thursday, January 29, 2009

Valutazione e meritocrazia

Non si fa che parlare di premiare gli atenei virtuosi, di creare un sistema meritocratico nell'Università. Il problema è che chi è incaricato di questo importante contributo nella vita culturale di un paese intero, non mi pare abbia la levatura culturale, né le conoscenze specifiche per arrivare a una soluzione di nessun rilievo. E non ce l'hanno avute nemmeno i precedenti, di qualunque parte politica essi si vantavano di essere.
Si parla di valutazione, ma nessuno mai è riuscito a far funzionare un sistema sensato. La Moratti ci provò, ma poi a fine legislatura, quando la sua candidatura a sindaco era ormai cosa nota, cedette e diede un finanziamento di molti milioni di euro al San Raffaele di Milano su fondi destinati alla ricerca informatica, fondi poi spesi per comprare un grosso computer IBM (va beh, questo mi scandalizzò parecchio all'epoca).
Il problema della valutazione è semplice: non si può fare! Le discipline scientifiche sono divise macro aree e in Settori Scientifici e Disciplinari (SSD), e sono molti, decine. In ogni settore poi ci sono molti filoni di ricerca. Ogni filone è caratterizzato da una comunità, l'insieme di persone che, nel mondo, si occupano di quella cosa. Ogni comunità ha certe regole, che riguardano il tipo di articoli scientifici, o prodotti scientifici, più in generale, che vengono ritenuti degni di tale nome. Ad esempio, in alcuni settori pubblicare un articolo ogni due anni è considerato un buon traguardo, in altri se ne devono fare 3 all'anno per essere competitivi.
Instaurare un sistema di valutazione indipendente, o oggettivo, richiederebbe una struttura di dimensioni enormi, e una spesa proporzionata. Non solo, per evitare conflitti di interesse (considerate che ci sono ricerche che hanno in Italia uno o due gruppi che ci lavorano) le persone chiamate a giudicare dovrebbero essere esterne, magari estere. Un breve parentesi: In una delle tante farneticazioni sulla riforma dei concorsi si era arrivati a proporre che le commissioni giudicatrici fossero composte da 5-6 ricercatori stranieri!! Ma vi rendete conto? Cosa volete che gliene freghi agli stranieri chi assumiamo noi? E quanti stranieri sarebbero disponibili a lavorare in tutte le commissioni di assunzione in Italia? Insomma, le solite smargiassate all'Italiana, le solite parole vuote di politicanti ignoranti e populisti (di entrambi gli schieramenti).
Insomma, costi improponibili e un sistema così complesso che nessuno è mai riuscito nemmeno a immaginare completamente, figuriamoci a realizzare. A parte dare un po' di soldi ai propri amici, questi politicanti non sembrano saper fare altro.
Ma esiste una soluzione? Probabilmente sì, ma richiede di ripensare a tutto il sistema. Invece che aggiungere strutture a un sistema già di per sè troppo complicato, un riforma -se degne di questo nome- deve rifondare l'istituzione per rendere i comportamenti virtuosi più convenienti, mentre oggi sembra accadere l'esatto contrario. Invece che cercare metriche semplici e generali che finiscono per penalizzare piuttosto che migliorare i sistema, si deve fare in modo che migliorare convenga: ovvero che migliorare porti soldi.
Faccio un esempio: quando si danno soldi in proporzione al numero di studenti laureati in un anno, non si arriva che all'effetto di ridurre la qualità dell'insegnamento (chi ha bazzicato l'università lo vede con i propri occhi quanto gli studenti attuali siano molto meno preparati di qualche anno fa). Se si finanzia la ricerca in base al numero di articoli pubblicati si finisce per dare soldi a filoni in cui si pubblica facilmente, rispetto a quelli in cui si sputa sangue per un risultato.
Se diamo all'università la convenienza a finanziare ricerche e progetti (Mio precedente post), allora le università avranno convenienza ad assumere gente brava, gente che la ricerca la fa, che di conseguenza insegneranno alle nuove generazioni in base a risultati allo stato dell'arte. Va beh, mi sono già dilungato troppo.

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